giovedì 11 luglio 2013

Picasso baby vs Guantanamo bay

PREMETTO che l'arte è la mia più grande passione da sempre. L'ho fatta diventare il mio percorso di studi, la meta dei miei viaggi, il primo dei miei interessi e l'argomento centrale delle mie conversazioni. Ultimamente mi sono dedicata alla street art e ai graffiti (pur riconoscendo che questi fenomeni sono già in fase di sputtanamento) perché mi irrita lo status del mondo dell'arte, e ancora di più l'atmosfera delle gallerie d'arte contemporanea. Perché vicino a me vedevo sempre snob fuori dal mondo, con vestiti che costavano più delle opere (già sopravvalutate da logiche commerciali).
Va aggiunto che nel frattempo mi ero innamorata di un rapper underground, e da lì ho imparato a conoscere ed apprezzare un tipo di hip hop, certo non quello che si vede in tv (il buongusto non l'ho ancora perso, e nemmeno il femminismo).

Ecco perché l'evento che sto per raccontarvi mi ha disgustato due volte...
Jay-Z e Marina Abramovic. Cavoli e nutella, sneakers col tacco, Fabio Volo che fa filosofia, sono tutte coppie ossimoriche che mi stanno frullando in testa per cercare di descrivere il fenomeno e l'effetto che mi fa. Ma perché oggigiorno finisce tutto in trashata? Perché bisogna sempre STRAfare?

E` la morte della performance, qualcuno ha detto. Pure quella dell'hip hop se vogliamo, che ormai è un gioco di imprenditoria, e con la storia del fagoCitare (i produttori campionando vecchia musica, i writer con i puppets, gli mc rimando sulla tradizione letteraria) si è finito per esagerare, cioè per sminuire tutto. Voglio dire: può essere tutto molto figo, ma devi farlo bene. Lo devi aver letto un libro prima di citarlo. La dovresti conoscere l'arte prima di comprarla o di farci sopra una pagliacciata.

Che poi il postmoderno è finito da un pezzo.

La tradizione della performance era una cosa seria, non una trovata da guerrilla marketing per vendere più copie. La performance non è uno spettacolo come i concerti di jay-z, ma l'esatto contrario: un'azione autentica nel mondo reale.

Che poi eravate voi rapper a ripetere "keep it real".

Insomma a me sembra che con quei goffi passetti, Marina e Jay abbiano danzato una penosa danza della morte al ritmo di Picasso Baby (è questo il titolo del brano, e nel testo ci sono più nomi di artisti che parole di senso compiuto). Alla faccia della realtà, Jay-Z ha cantato persino in playback... di performativo se vuoi c'era la durata: 6 ore di spaccamento di palle.

Questo senso di morte riporta la mia mente al video di sensibilizzazione di Mos Def . Ok sarò di parte, visto che preferisco 1000 volte Yasiin Bey a Jay-Z, ma almeno dobbiamo riconoscere che qui c'è un messaggio da comunicare, una realtà nuda e cruda da denunciare: i detenuti in sciopero della fame a Guantanamo e l'atrocità dell'alimentazione forzata.

La differenza tra le performance dei due rapper starebbe solo nel loro posizionamento commerciale? Uno per i fighetti amanti di Keith Haring e delle Louis Vuitton, e l'altro per un pubblico più conscious, Marx in mano ed espadrillas ai piedi? A voler essere cinici si può anche vederla così, ma intanto TECNICAMENTE quella di Mos Def rispetta di più i canoni della performance. Per cominciare si è davvero fatto infilare un tubo su per il naso. Se poi il suo pianto fosse vero non posso azzardare a dirlo, visto che il rapper è diventato un attore professionista. Ma qui, ripeto, c'è lo shock della realtà. Questo video ti dice "svegliati" anzi ti dà proprio uno schiaffetto. Cosa c'è dietro all'ambaradan di Jay-z? Un geniale imprenditore senza dubbio. E il nulla, fotografato e filmato a ripetizione. Se vogliamo vedere l'opera d'arte, dobbiamo concentrarci sul pubblico e i loro smartphone. L'opera allora sarebbe l'insieme dei filmati prodotti e riprodotti dagli stessi telefoni che magari hanno scaricato in anteprima l'album di jay-z, divenuto disco di platino prima ancora di uscire, grazie ad un accordo milionario con samsung. Jay-z ha cavalcato l'era degli smartphone e della pirateria: questa se vuoi è la sua performance invisibile. E questo articoletto di periferia entra a tutti gli effetti nella sua grande opera relazionale (tutto è pianificato e ben accetto, purché se ne parli, purché si venda).
 Jay-Z vaffanculo a te.

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